12/04/2018, 13:55
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 21/08/2021, 22:35 da Zzed.)
Ciao a tutti..
Da qualche giorno sto facendo una riflessione, che vorrei condividere e far crescere con voi e grazie a voi..
Permettetemi questa divagazione "filosofica", invece di discussioni più o meno tecniche.
Come definireste quella "cosa" di cui siamo appassionati?
Tecnologia? No, non credo sia (più) una definizione corretta.
Se cercate su Google "sito di tecnologia", trovate siti specializzati che si occupano di smartphone, televisori, computer..
Insomma, "tecnologia" che ognuno di noi, oramai, possiede, che si trova sugli scaffali di qualunque supermercato. Questi prodotti sono senza dubbio tecnologici, ma è una tecnologia commerciale, preconfezionata, che spesso non soddisfa un vero bisogno, ma che punta a crearlo, il bisogno, per poi colmarlo.
Uno smartphone lo hanno anche le nonne, al giorno d'oggi, nella borsa o in tasca una potenza migliaia di volte superiore a quella che ha portato l'uomo nello spazio e sulla luna. E viene usato perlopiù per scambiarsi barzellette sui social.
Questa è tecnologia? Definireste tecnologica una nonna? O un social? Probabilmente no. Noi siamo appassionati di altro.
A noi interessa la programmazione, la robotica, la domotica, l'automazione, il making, le soluzioni informatiche fai da te, l'arte digitale, il data managment, magari anche la metodologia agile, la blokchain e i droni e tutte le apparecchiature a guida autonoma o assistita.
Sono, a ben vedere, i cardini su cui si basa anche l'"Impresa 4.0", e quello che cercano e promuovono le aziende più lungimiranti.
Ma l'insieme di tutte queste cose, non ha un nome. Aiutatemi a trovarlo.
Si, mentre tutti identificano le aziende più innovative come Apple, Google, Facebook, Yahoo ecc.. In realtà, queste aziende hanno tutte più di 20 anni, che in termini tecnologici, sono almeno 4 ere. Non sono società giovani e dinamiche, sono veri e propri colossi economici.
I nerd occhialuti e asociali che le hanno create, sono ora i nuovi miliardari del mondo, invidiati un po' da tutti.
Al giorno d'oggi, però, la vera innovazione non proviene più da queste società della Silicon Valley o dalle start-up, e nemmeno dagli scienziati e dagli ambienti universitari. L'innovazione, oggi, viene più che mai dal basso, viene dai maker.
Alcuni dei prodotti di maggior successo di Google, per fare un esempio, erano progetti personali di dipendenti, portati avanti in modo amatoriale e poi diventati progetti milionari dell' azienda, come Gmail, AdSense, Google Talk e Google News.
E' un uso attivo della tecnologia, "fare" il proprio progetto, il proprio programma, il proprio robot, e non solo "usare" l'ultimo prodotto del mercato. Che poi è uno dei motivi scatenanti la nascita di Raspberry Pi, promuovere l'educazione del fare, con l'informatica, la programmazione e la tecnologia, una scheda nuda, per far capire ai ragazzi cosa c'è dentro a quegli apparecchi iper tecnologici, come è fatto un computer, l'elettronica.
la "rivoluzione digitale" conseguente, è già iniziata. Non è repentina, ma è inesorabile, e crescerà esponenzialmente.
Oggi l'hobbista ha accessibilità a strumenti quali computer, microcontrollori, strumenti di programmazione, display, sensori evoluti, attuatori, piccoli robot, e enormi potenzialità di calcolo in cloud quali IA e reti neurali, con investimenti praticamente alla portata di tutti. La rete consente l'accesso a una serie infinita di nozioni e la condivisione di progetti ed esperienze, aprendo la strada della conoscenza a un numero altissimo di diverse discipline, ma anche un enorme vettore di trasporto e promozione del nostro lavoro (sia in termini funzionali, cioè posso accedere ai miei dati da ogni dove, grazie al cloud, alla pubblicazione in rete, ecc. Sia di diffusione dei risultati ottenuti con blog, social e community).
Il futuro torna a virare verso la creatività, piuttosto che sull'innovazione, sulle persone nel loro garage, piuttosto che sulle aziende con i loro business-plan, sul rispondere a un bisogno, piuttosto che sulle strategie di branding.
Steve Wozniak, nel 1975, mentre assemblava e scriveva il codice di quello che sarebbe poi diventato L'Apple I, non si sognava di commercializzarlo, di aprire una società. Era un maker. Un maker anzitempo, che si stava costruendo un computer, visto che non aveva i soldi per comprarne uno dei pochi già in circolazione. E si scrisse un basic e lo mise in ROM per comodità personale.
Insomma questa famosa definizione di queste multi discipline, non la riesco ad afferrare, direi Open Digital o Open Tecnology, perchè il termine "open" inglese ha un significato molto più ampio di "aperto" in italiano, indica una mentalità di condivisione, di apertura al futuro, di open source e open hardware, di accoglienza del cambiamento..
Voi, che ne pensate?
Da qualche giorno sto facendo una riflessione, che vorrei condividere e far crescere con voi e grazie a voi..
Permettetemi questa divagazione "filosofica", invece di discussioni più o meno tecniche.
Come definireste quella "cosa" di cui siamo appassionati?
Tecnologia? No, non credo sia (più) una definizione corretta.
Se cercate su Google "sito di tecnologia", trovate siti specializzati che si occupano di smartphone, televisori, computer..
Insomma, "tecnologia" che ognuno di noi, oramai, possiede, che si trova sugli scaffali di qualunque supermercato. Questi prodotti sono senza dubbio tecnologici, ma è una tecnologia commerciale, preconfezionata, che spesso non soddisfa un vero bisogno, ma che punta a crearlo, il bisogno, per poi colmarlo.
Uno smartphone lo hanno anche le nonne, al giorno d'oggi, nella borsa o in tasca una potenza migliaia di volte superiore a quella che ha portato l'uomo nello spazio e sulla luna. E viene usato perlopiù per scambiarsi barzellette sui social.
Questa è tecnologia? Definireste tecnologica una nonna? O un social? Probabilmente no. Noi siamo appassionati di altro.
A noi interessa la programmazione, la robotica, la domotica, l'automazione, il making, le soluzioni informatiche fai da te, l'arte digitale, il data managment, magari anche la metodologia agile, la blokchain e i droni e tutte le apparecchiature a guida autonoma o assistita.
Sono, a ben vedere, i cardini su cui si basa anche l'"Impresa 4.0", e quello che cercano e promuovono le aziende più lungimiranti.
Ma l'insieme di tutte queste cose, non ha un nome. Aiutatemi a trovarlo.
Si, mentre tutti identificano le aziende più innovative come Apple, Google, Facebook, Yahoo ecc.. In realtà, queste aziende hanno tutte più di 20 anni, che in termini tecnologici, sono almeno 4 ere. Non sono società giovani e dinamiche, sono veri e propri colossi economici.
I nerd occhialuti e asociali che le hanno create, sono ora i nuovi miliardari del mondo, invidiati un po' da tutti.
Al giorno d'oggi, però, la vera innovazione non proviene più da queste società della Silicon Valley o dalle start-up, e nemmeno dagli scienziati e dagli ambienti universitari. L'innovazione, oggi, viene più che mai dal basso, viene dai maker.
Alcuni dei prodotti di maggior successo di Google, per fare un esempio, erano progetti personali di dipendenti, portati avanti in modo amatoriale e poi diventati progetti milionari dell' azienda, come Gmail, AdSense, Google Talk e Google News.
E' un uso attivo della tecnologia, "fare" il proprio progetto, il proprio programma, il proprio robot, e non solo "usare" l'ultimo prodotto del mercato. Che poi è uno dei motivi scatenanti la nascita di Raspberry Pi, promuovere l'educazione del fare, con l'informatica, la programmazione e la tecnologia, una scheda nuda, per far capire ai ragazzi cosa c'è dentro a quegli apparecchi iper tecnologici, come è fatto un computer, l'elettronica.
la "rivoluzione digitale" conseguente, è già iniziata. Non è repentina, ma è inesorabile, e crescerà esponenzialmente.
Oggi l'hobbista ha accessibilità a strumenti quali computer, microcontrollori, strumenti di programmazione, display, sensori evoluti, attuatori, piccoli robot, e enormi potenzialità di calcolo in cloud quali IA e reti neurali, con investimenti praticamente alla portata di tutti. La rete consente l'accesso a una serie infinita di nozioni e la condivisione di progetti ed esperienze, aprendo la strada della conoscenza a un numero altissimo di diverse discipline, ma anche un enorme vettore di trasporto e promozione del nostro lavoro (sia in termini funzionali, cioè posso accedere ai miei dati da ogni dove, grazie al cloud, alla pubblicazione in rete, ecc. Sia di diffusione dei risultati ottenuti con blog, social e community).
Il futuro torna a virare verso la creatività, piuttosto che sull'innovazione, sulle persone nel loro garage, piuttosto che sulle aziende con i loro business-plan, sul rispondere a un bisogno, piuttosto che sulle strategie di branding.
Steve Wozniak, nel 1975, mentre assemblava e scriveva il codice di quello che sarebbe poi diventato L'Apple I, non si sognava di commercializzarlo, di aprire una società. Era un maker. Un maker anzitempo, che si stava costruendo un computer, visto che non aveva i soldi per comprarne uno dei pochi già in circolazione. E si scrisse un basic e lo mise in ROM per comodità personale.
Insomma questa famosa definizione di queste multi discipline, non la riesco ad afferrare, direi Open Digital o Open Tecnology, perchè il termine "open" inglese ha un significato molto più ampio di "aperto" in italiano, indica una mentalità di condivisione, di apertura al futuro, di open source e open hardware, di accoglienza del cambiamento..
Voi, che ne pensate?