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sfida progetto gestione outdoor temperature

Progetto Outdoor: Sfida Gestione Temperature
#1
Ciao a tutti,

questo è un thread che si collega a un altro che avevo iniziato l'anno scorso e che aveva trovato tanti consigli molto gentili e utili:
link

Il progetto è stato sospeso per motivi di lavoro/studio e adesso è ripartito, ho già selezionato i vari componenti e sono arrivato a una fase cruciale che ha un focus diverso dal tema del precedente post, motivo per cui ne ho aperto un altro non volendo fare un minestrone.

La domanda riguarda la gestione della temperatura del raspberry pi 5 in una scocca.
Mi spiego meglio:

Come potrete vedere dal precedente post, sto seguendo il progetto di una fototrappola outdoor con una rete neurale per il riconoscimento di alcune specie particolari di animali.
Non esistendo in commercio una specifica per i vari componenti che dovrò inserire, la scocca con gli alloggiamenti verrà creata su misura in uno qualunque dei materiali disponibili per le bobine. Non ho restrizioni di budget, né per il pi né per gli altri componenti.

Per motivi di ricerca che esulano da questa trattazione, assieme al pi 5 ci sarà un piccolo amplificatore audio da 50 W, un sensore di movimento (doppler), un modulo di trasmissione Lte, una camera NoIR v2, e -questo fa parte della domanda- un altro elemento di cui parlerò tra poco, oltre ai relativi relè e alimentatori.
L'alimentazione sarà cablata e fornita dall'illuminazione urbana, quindi non saranno necessari pannelli fotovoltaici.

Il problema è questo, ed è un problema ben noto, ossia le gestione termica del pi:
il sito di installazione sarà una zona con temperature invernali molto rigide, che possono scendere fino a -15 o -20 gradi, quindi sotto la soglia di funzionamento dei componenti normalmente impiegati in progetti come questo.

Vorrei evitare se possibile di usare componenti resistenti a temperature rigide (industriali), perché è una soluzione logica e corretta, ne abbiamo parlato con @ippogrifo e @Zzed che ringrazio, ma si dovrebbe poi applicare a domino a tutti gli altri componenti, e purtroppo non sempre è semplice trovarne.

E' una sfida più difficile, ma se possibile e se avete idee, gestire e controllare la temperatura dell'ambiente all'interno della scocca sarebbe più interessante.

Una possibile soluzione per le temperature rigide potrebbe quindi essere quella di impiegare una resistenza riscaldante (ecco l'elemento di cui parlavo qualche riga fa)  controllata dal raspi monitorando la temperatura con un sensore, ma chiedo idee a voi del forum che so essere popolato da persone che hanno già esperienza di progetti pi se non va bene e se avete altre proposte.

Per quanto riguarda invece l'apice opposto dell'optimum, ossia la temperatura massima, ho visto soluzioni proposte con ventole, prontamente smontate dalla community per i ben pronosticabili problemi all'aperto, sia con agenti biologici come insetti e polline, che abiotici come punto di rugiada, condensa, ossidazione dei pin, ecc. che ci porteremmo dietro insieme all'aria umida e non solo.

Per un ripasso dei modi per offendere un progetto pi su questo punto, trovate un corollario nei commenti a questo video
https://www.youtube.com/watch?v=ccMmqs5n_o8

Qui mi sono fermato perché la sfida è difficile, proverei a cercare soluzioni possibilmente passive per la parte di dissipazione e con sali silica gel da sostituire periodicamente per la condensa, ma chiedo idee a voi forum.

Cosa usereste per gestire la temperatura per un progetto outdoor durevole?


Grazie a chi vorrà darmi una mano
Risposta
#2
Cercando sul forum argomenti legati alla temperatura, ho trovato l'importantissimo numero 136 di MagPi, centesima traduzione di Mauro @Zzed e altri eroi che ringrazio, con un interessante capitolo proprio sul raffreddamento e sugli stress test. link  (pg 67)

Una parte di me vorrebbe essere rincuorato e rassicurarmi che seppur al chiuso, per un utilizzo modesto* non ci siano problemi, ma un'altra mi dice che i test hanno riguardato raffreddamento in un sistema con aria circolante, mentre in una scocca sigillata la storia sarebbe verosimilmente diversa

*Per utilizzo modesto intendo questo:
1) il pi5 sarebbe costantemente acceso con la rete neurale caricata, 2) sarebbe in attesa di un segnale dal sensore doppler, 3) arrivato il segnale, a quel punto partirebbe la sequenza di scatto dell'immagine, sua classificazione, e decisioni a valle, ma questo chiaramente solo per pochissimi eventi durante il giorno, la stragrande maggioranza del tempo sarebbero attive le sole fasi 1) e 2)

al calore legato a queste funzioni sarebbe da aggiungere anche il calore legato all'alimentatore da 75-100 W per alimentare collettivamente pi e tutti gli altri componenti, ognuno secondo necessità
Risposta
#3
E' certamente un argomento interessantissimo. Per le basse temperature l'utilizzo di resistenze, cavi resistivi, ecc. distribuiti nell'interno del case contenente il pi ed altro mi sembra la soluzione più immediata. Utilizzerei dei termostati, sia bimetallici che elettronici, per il controllo interno della temperatura (nel caso coadiuvati da mini-ventole per la distribuzione del calore). In un contenitore completamente chiuso, però, la dissipazione del calore può diventare un problema quando la temperatura dell'ambiente sale di parecchi gradi sopra lo 0. Utilizzare una o più celle Peltier potrebbe essere una soluzione. Una cella Peltier funziona come una pompa di calore in funzione del senso di circolazione della corrente: circolando in un senso raffredda la superficie, nell'altro la riscalda. Ovviamente la superficie opposta riscalderà o raffredderà. Un esempio: https://www.raspberrypi.com/news/peltier...gpimonday/. Vi è anche da dire che il Pi5 può lavorare sino ad 80 °C prima di entrare in protezione abbassando la frequenza del clock. Una installazione in zona ombreggiata del contenitore potrebbe rendere non necessaria l'utilizzo di sistemi di raffreddamento (certo che se in zona ombreggiata vi sono temperature di 40°C il discorso cambia).

P.S.
Una soluzione potrebbe essere questa: https://www.amazon.it/GeeekPi-raffreddam...674c20ab35.
Il serbatoio posto esternamente al case di tutta l'elettonica.
Risposta
#4
(07/05/2025, 20:33)ippogrifo Ha scritto: E' certamente un argomento interessantissimo. Per le basse temperature l'utilizzo di resistenze, cavi resistivi, ecc. distribuiti nell'interno del case contenente il pi ed altro mi sembra la soluzione più immediata. Utilizzerei dei termostati, sia bimetallici che elettronici, per il controllo interno della temperatura (nel caso coadiuvati da mini-ventole per la distribuzione del calore). In un contenitore completamente chiuso, però, la dissipazione del calore può diventare un problema quando la temperatura dell'ambiente sale di parecchi gradi sopra lo 0. Utilizzare una o più celle Peltier potrebbe essere una soluzione. Una cella Peltier funziona come una pompa di calore in funzione del senso di circolazione della corrente: circolando in un senso raffredda la superficie, nell'altro la riscalda. Ovviamente la superficie opposta riscalderà o raffredderà. Un esempio: https://www.raspberrypi.com/news/peltier...gpimonday/. Vi è anche da dire che il Pi5 può lavorare sino ad 80 °C prima di entrare in protezione abbassando la frequenza del clock. Una installazione in zona ombreggiata del contenitore potrebbe rendere non necessaria l'utilizzo di sistemi di raffreddamento (certo che se in zona ombreggiata vi sono temperature di 40°C il discorso cambia).

P.S.
Una soluzione potrebbe essere questa: https://www.amazon.it/GeeekPi-raffreddam...674c20ab35.
Il serbatoio posto esternamente al case di tutta l'elettonica.

@ippogrifo sei una garanzia! sei una fonte inestinguibile di ottime idee.

la cella di peltier è senz'altro un argomento molto interessante hai ragione, l'avevo guardata anch'io

ho dimenticato di citarla nella domanda (adesso spiego perché mi è sfuggita) ma è senza dubbio una delle soluzioni più promettenti

La cosa che mi fermava è il fatto che simultaneamente da un lato raffreddi, ma dall'altro riscaldi, e in ambiente chiuso temevo che questo portasse a un sostanziale bilanciamento termico neutro (ma sarei volentieri smentito perché risolverebbe il problema in un secondo).

Senz'altro la tolleranza termica del pi con le soglie di 80 e 85 ci dà un vantaggio, dici bene, ma in un ambiente chiuso e con un volume ridotto ho paura che la temperatura sia destinata a salire nel corso di alcune ore, dovendo poi attendere tempi molto lunghi per la dissipazione tramite le pareti.

Avrei pensato a delle idee ibride:
Abbiamo il vincolo della scocca sigillata per evitare introduzione di aria esterna che provochi ossidazione e altro, ma abbiamo la necessità di uno scambio termico che le pareti è possibile e anzi pronosticabile non garantiscano.

Per questo avrei pensato a un sistema ibrido scatola nella scatola, ossia:
una scatola interna sostanzialmente sigillata, contenuta in un'altra scatola provvista di aperture verso l'esterno.
La scatola interna sarebbe provvista di sali anti condensa e di fori per permettere a dei componenti in metallo conduttivo come rame o alluminio, di scambiare con l'intercapedine che invece ospiterebbe aria esterna liberamente circolante.

I componenti di scambio passanti o in corrispondenza dei fori nella parete al momento potrebbero essere:
A) dei tubi di rame in cui l'aria venga forzata da una ventola in entrata e una in uscita (l'aria non è certo un campione nel dissipare energia, con le ventole proveremmo a ottimizzare la circolazione)

B) dei dissipatori in rame o alluminio classici con le lamelle o le colonne, fissati alla parete e con gli elementi dissipativi 'a bagno' nell'aria fresca dell'intercapedine

C) fissare la cella di Peltier a una parete rivolgendo il lato caldo verso l'esterno, ammettendo che le sue temperature di lavoro siano compatibili con le pareti della scocca stampata in 3d

Nel caso A) i fori sarebbero dei normali fori circolari con guarnizioni comuni, mentre nei casi B) e C) il foro sarebbe poligonale con sistemi di tenuta più difficili, sia in termini di guarnizioni che in termine di fissaggio tramite viti alle pareti.

Tutto dipende da quanto nella vostra esperienza possa valere la pena di usare uno o gli altri sistemi.

Non sapendo se sono stato chiaro, provo a inserire qui sotto lo schizzo 3d della scocca interna e del flusso di aria.


Allegati
.png   idee_scocca.png (Dimensione: 36.64 KB / Download: 3)
Risposta
#5
Si sei stato chiarissimo. In definitiva la risoluzione del problema è elettro-meccanico. Nel caso delle celle Peltier la superficie calda dovrebbe essere a contatto con un radiatore passivo alettato posto esternamente al case e fissato comunque ad esso utilizzando del silicone sul perimetro per sigillarlo. Il problema nasce dalla realizzazione del contatto fisico peltier tra SOC e dissipatore.
Credo che la soluzione più facile da adottare, immediata e funzionale e a prescindere dal costo, è quella da me indicata nel Post Scriptum. Altra soluzione potrebbe essere l'utilizzo di filtraggi ad acqua, da costruire appositamente, per inviare aria fresca nel case sigillato tramite due tubicini, una di mandata ed uno di ritorno
Risposta
#6
Sì l'avevo vista e ti ringrazio, non l'avevo citata perché prevedendo assieme al cilindro pieno d'acqua una ventola da porre all'interno della scocca, mi aveva fermato il timore che all'interno di quello spazio ristretto nel giro di 2-3 ore la poca aria presente avrebbe comunque verosimilmente cominciato a salire di temperatura, e non potendo sfogare all'esterno, la temperatura avrebbe lentamente continuato a salire nonostante l'aiuto importante del liquido.

Ma su questo voglio confrontarmi con te: il mio timore è che non potendo sfogare all'esterno, l'aria continui a salire di temperatura fino a far raggiungere al pi e agli altri componenti la soglia critica. Vorrei tanto trovare qualcosa che mi dicesse che in realtà, raggiunta una certa temperatura non troppo alta, si raggiunga una sorta di equilibrio termico per cui è più che sufficiente una soluzione come questa che hai proposto (stapperei lo champagne) ma continuo a avere paura che quella temperatura, che senz'altro ci sarà perché non penso diventi incandescente, sia bella alta o semplicemente si arrivi prima a un collasso del sistema.

Tu che ne pensi? Essendo un 'sistema chiuso', passami l'espressione, ho messo le virgolette, usando una soluzione tutta 'interna' potremmo comunque raggiungere una temperatura d'equilibrio sotto i famosi 80?
Risposta
#7
La possibile soluzione da me indicata (o simili) utilizza due tubicini per il circolo dell'acqua raffreddata. Questo significa che il case può rimanere sigillato con il sistema di raffreddamento all'esterno (in un altro case molto vicino a quello del Pi5) e lo scambiatore di calore sul Pi5. I tubicini possono essere tranquillamente allungati.
Risposta
#8
(10/05/2025, 20:30)ippogrifo Ha scritto: La possibile soluzione da me indicata (o simili) utilizza due tubicini per il circolo dell'acqua raffreddata. Questo significa che il case può rimanere sigillato con il sistema di raffreddamento all'esterno (in un altro case molto vicino a quello del Pi5) e lo scambiatore di calore sul Pi5. I tubicini possono essere tranquillamente allungati.

@Ippogrifo perdonami ero convinto di averti risposto!! 
Allora la cosa cambia totalmente, hai ragione, non pensavo fosse possibile far passare i tubicini in modo 'quasi stagno' attraverso la parete del case, ma sarebbe bellissimo.

Ho una buona notizia: ho trovato un progetto simile sviluppato a latitudini simili alle mie, che è stato tranquillamente in funzione senza nessun sistema di correzione di temperatura interno. Quindi abbiamo alcuni elementi per essere cautamente ottimisti che il problema non sia così estremo, ma ci sono alcuni elementi di differenziazione da tenere bene in considerazione, ossia:

1) nel suo caso siamo in una zona un pelino più calda della mia, lì non nevica, da me sì, ma da lui l'installazione era in pieno sole, quindi sul fronte riscaldamento in inverno ci potrebbe essere qualche problemino (ma dover scaldare è tra i due problemi quello preferibile), mentre sul fronte raffrescamento qualche buona notizia ci potrebbe essere, ma:

2) nel suo caso l'accensione era solo per 5 minuti all'ora, nel mio sarebbe costante, questa è una differenza che immagino possa contare tantissimo in termini di produzione interna di calore

3) nel suo caso ci sono solo pi, camera e modulo trasmissione a distanza, nel mio in più ci sono un mini amplificatore da 50 w + 50 w di picco, per l'inverno c'è un sensore della temperatura, una piccola resistenza, all'esterno ma che comunque consuma dall'interno (ossia il driver deve gestire anche questo carico) ci sono un faretto led da 10 w e un faretto led a infrarossi (12v, 400 mA) 

Adesso quindi l'idea è quella di partire con un setup 'ottimista', ossia sul fronte anti-brinamento solo la resistenza per generare calore in inverno, e sul fronte anti-surriscaldamento monitorando ogni 5 minuti la temperatura interna e prevedendo semplicemente uno spegnimento di sicurezza in caso di temperatura critica, a quel punto dovremo gioco forza mettere mano al discorso raffreddamento.

Adesso quindi si potrebbe aprire il capitolo alimentazione: 
il pi secondo la bozza sarà quello che alimenterà -direttamente- la camera e il sensore per la temperatura, mentre -attraverso dei relè, quindi gestendo solo l'attivazione a mò di interruttore-  la resistenza termica, i faretti e l'amplificatore. Ma è solo una bozza eh non sono bravo se mi puoi dire cosa ne pensi mi faresti un gran favore. 

Al momento quindi il prototipo domestico prevederebbe:

Alimentati direttamente dal pi tramite GPIO: 
- camera
- sensore termico (con un resistore di pull-up sulla linea dati)

Alimentati (o meglio, autorizzati a ricevere alimentazione) dal pi tramite relé:
- amplificatore (max 50 w + 50w / 24 v = 2.400 mA)
- faretto led infrarossi (12v, 400mA)
- faretto led normale (10 w / 12v = 830 mA)
- resistenza (che ohm scegliamo?)
- modulo di trasmissione (normalmente sono a 3.3 o 5v, ma potrebbero esserci dei picchi di tensione durante la trasmissione che suggerirebbero di collegarlo tramite relè)

Come alimentatore la bozza prevederebbe: 
-Mean Well LRS-150-24

e quindi lo schema sarebbe:
- amplificatore (24v): alimentato direttamente dall’alimentatore
- faretto led normale (12v): alimentato tramite convertitore dc-dc step down
- faretto led infrarossi (12v): alimentato tramite convertitore dc-dc step down
- resistenza (da decidere gli ohm)
- pi (5v): alimentato tramite convertitore dc-dc step down
- modulo trasmissione (probabilmente 5v): alimentato tramite convertitore dc-dc step down
- diodi di protezione flyback (1 su ogni relè)

Una volta che il grosso funziona, per il test in campo la bozza prevederebbe alcune modifiche per essere allacciata alla rete comunale (per cui il progetto è realizzato):
un varistore
un fusibile/interruttore pre-alimentatore
alimentatore Mean Well LRS-150-24 come sopra
optoisolatori (ne andrebbe uno per ogni relè ma non mi sembra di averli mai visti, sai se sono importanti?)
Risposta
#9
Citazione:optoisolatori (ne andrebbe uno per ogni relè ma non mi sembra di averli mai visti, sai se sono importanti?)
i moduli relè (le schede elettroniche con 1/16 relè) sono solitamente comprensive di optoisolatore in ingresso.
Risposta
#10
(14/05/2025, 23:29)Zzed Ha scritto:
Citazione:optoisolatori (ne andrebbe uno per ogni relè ma non mi sembra di averli mai visti, sai se sono importanti?)
i moduli relè (le schede elettroniche con 1/16 relè) sono solitamente comprensive di optoisolatore in ingresso.

Bellissima notizia Maurone
prezioso come sempre
hai ragione e sono anche più ordinati, pensando alla disposizione interna al case
esempio
da fissare sulla parete verticale del case come da foto


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Risposta
  


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